[Christine Naumann-Villemin, Gallucci, 2019. Illustrazioni di Laurent Simon.]

Libri che parlano di libri ce ne sono tanti, alcuni sono davvero meritevoli di attenzione, altri sono simpatici e ironici. Il panorama è davvero vario, non c’è che dire. Nella maggior parte dei casi però a parlare di libri è qualcuno, in prima o in terza persona. I libri, insomma, anche quando sono protagonisti, mantengono in un certo senso la loro dimensione di oggetto.

In questo albo invece, il libro è la voce narrante, ci racconta di sé, come un essere vivente, pensante e senziente. Il vecchio libro giallo se ne stava lì, nella sua libreria, in quello che per lui era un rifugio, una casa, il luogo in cui ha trascorso lunghi anni assieme ai propri amici, quando ecco che le ante si aprono e qualcuno lo sfila dallo scaffale.

A farlo è stata la sua proprietaria di un tempo, ora mamma, che vuole donarlo al proprio bambino. In questo gesto rivedo me stessa, lo ammetto. Mi fa pensare alla mia libreria che piano piano sto riempiendo con alcuni degli albi che più mi hanno emozionata o che mi hanno fatta ridere di gusto. La mamma da quella libreria, come farei io, tira fuori una briciola di sé.

Il bambino, su sua richiesta, promette di portarsi sempre dietro quel libro, anche se, per amor di precisione, dichiara sin da subito di non essere affatto un amante della lettura.

E il libro, lui che ne pensa, visto che abbiamo detto che la voce narrante è la sua? Nemmeno lui sembra molto soddisfatto della cosa. Burbero, scontroso e anche un po’ altezzoso, sfodera sulla sua copertina una faccia che già dice tutto. Se non fosse ben chiaro il suo sentire, il libro giallo non si fa alcun problema ad esprimerlo a chiare lettere “Non sopporto i bambini. Intendo i bambini di oggi.”. Non ama la loro passione per le scorribande, le mani impiastricciate di marmellata, i giocattoli sparsi ovunque e il loro modo di trattare un rispettabile libro come lui. Forse, molto più semplicemente, si è dimenticato dell’ultima volta che ha avuto a che fare con la mamma, quando era piccola.

Il bambino, che inizialmente snobbava il libro, piano piano però comincia a portarlo ovunque. Un giorno si decide e lo apre. Questo primo tentativo non sembrerebbe essere andato bene. Il bambino lo richiude subito, con fastidio. Poi lo riapre e il libro si accorge della sua tristezza. La mamma è lontana e il bambino ne sente la mancanza. Così chiede al libro di colmare quel vuoto, di raccontare, di viaggiare assieme.

Ciò che segue ha toccato il mio cuore. Il libro, come un amico, come un compagno più grande, guida il bambino in un mondo che prima non aveva mai esplorato. Lo si vede volare, aperto, con il bambino seduto tra le sue pagine, come Nils Holgersson in groppa alla sua oca. Sotto di loro un paesaggio denso di richiami: dal GGG a Don Chisciotte, dalle favole classiche a quelle più avventurose.

Dice il libro “L’ho lasciato leggere e rileggere, gli ho dato il permesso di incespicare nelle parole, di saltare alcune parti…”. Aggiunge poi “Gli ho confidato i miei più grandi segreti, i dettagli più nascosti, le rime più dolci, le parole più tenere.”. Ha fatto di lui un lettore.

Diventa inevitabile, a questo punto della storia, riflettere su quanto un libro possa fare per noi, su quanto ci possa cambiare e a volte, come in questo caso, letteralmente salvare dalla tristezza e dalla malinconia.

Quando finalmente la mamma torna, il libro è davvero malconcio, sciupato e logorato dall’uso. La cosa però non lo fa più arrabbiare. Dopo di lui, sul comodino, sono arrivati altri libri. Lui però resta sempre il primo libro, un amico speciale da portare via quando si va in viaggio, un vecchio tomo giallo, brutto e malridotto, ma molto molto amato.

Buona lettura