Chi me l’ha fatta in testa?

[Werner Holzwarth e Wolf Erlbruch (scritto e illustrato da), Salani, 1998]

 Chi me l’ha fatta in testa?

Qual è uno degli argomenti preferiti dei bambini quando vi chiedono un bel libro divertente? La cacca! Ne parlerebbero in lungo e in largo, senza imbarazzo né timore.

Di albi sull’argomento ce ne sono davvero un’infinità, oggi ne ho scelto uno molto divertente, “Chi me l’ha fatta in testa?” di Werner Holzwarth e Wolf Erlbruch.
Una talpa occhialuta spunta fuori dalla sua tana e SPLIC, le arriva una cacca in testa. Ma che schifo! – ci viene da dire – come fare ora? La talpa è vistosamente miope e dunque non le resta che chiedere a uno a uno agli altri animali chi gliel’ha fatta in testa.

Chi me l’ha fatta in testa?

Incontra il piccione, poi il cavallo, la lepre e ancora la capra, la mucca e il maiale. Nessuno di loro è il colpevole e tutti, per dimostrarglielo, fanno una bella cacca facendogli notare “Io la faccio così”.

Chi me l’ha fatta in testa?

Chi me l’ha fatta in testa?

Chi me l’ha fatta in testa?

Chi me l’ha fatta in testa?

La talpa infine incontra le mosche: chi meglio di loro, che se ne intendono, la può aiutare!

Chi me l’ha fatta in testa?

“Non c’è dubbio, è stato UN CANE!”, questo è il verdetto!
Occorre vendicarsi di Gian Maria, il cane del macellaio, che se ne dorme beato nella sua cuccia in mezzo al prato. Come? La talpa non ha dubbi: si arrampica sulla sua cuccia e dall’alto – PLING! – spedisce una cacchina sul testone del cane!
Chi me l’ha fatta in testa?
La vendetta è compiuta, ora la talpa se ne può tornare a casa, sotto terra, dove nessuno, proprio nessuno, potrà più giocarle uno scherzo simile!
Chi me l’ha fatta in testa?

L’effetto è esilarante!

Inutile negarlo, per i bambini affrontare questo argomento è liberatorio e aiuta mamme e figli a sdrammatizzare situazioni imbarazzanti che però possono capitare nella quotidianità.

Lo consiglio a tutti, al di là dell’indicazione dell’età, per farsi una sana risata e abbattere i tabù delle cose che “non bisogna dire”.

Maria Salbego