Dimmi come mangi e ti dirò chi sei.

Ormai la nostra alimentazione è diventata la cartina tornasole dei nostri valori, dei nostri stili di vita. Ci ha diviso in tanti schieramenti troppo spesso in conflitto tra loro.

L’importanza che viene data al tipo di alimentazione che si segue condiziona le nostre scelte di vita, fateci caso.

Purtroppo questo trend, a mio avviso, si trasforma spesso in moda più che in reale credo o convinzione e condiziona anche le abitudini alimentari di chi ci circonda. Dei nostri bambini in primis.

Si sa, noi mamme decidiamo cosa devono e cosa non devono mangiare, fin dallo svezzamento. Ci facciamo consigliare dal nostro pediatra ma se ci fissiamo con qualcosa, non c’è pediatra che tenga.

In particolare se c’è un’amica, una parente, la nostra mamma, di cui ci fidiamo molto, che ci racconta la sua esperienza siamo molto attratte dal copiarla.

Senza renderci conto che quello che funziona per qualcuno non va bene per tutti

Ultima moda in campo food, anzi baby food, è che “fatto in casa è più sano”, più sicuro, buono, e più economico.

Io non sono una nutrizionista né una pediatra, sono solo mamma di quattro figli e imprenditrice agricola.

Ho un’azienda che coltiva cereali e verdure con metodo biologico, ma nonostante questo, in fase di svezzamento, molto spesso mi sono affidata agli omogenizzati.

Per praticità ma soprattutto per sicurezza. Non sono impazzita.

La certificazione biologica garantisce il metodo di coltivazione ma non il prodotto finale: questo significa che una contaminazione può essere sempre possibile a causa, ad esempio, dell’inquinamento ambientale o per la presenza di contaminanti “naturali”.

Vi rimando ad un articolo molto interessante sul sito di Nutripedia.it , dedicato proprio al baby food in cui è ben spiegato perché fatto in casa non è sempre più sicuro e, in particolare, è spiegata la regolamentazione che impone  che gli omogeneizzati, e quindi il contenuto del vasetto, sia praticamente privo di pesticidi, e con livelli di micotossine e nitrati ben inferiori ai limiti fissati per gli alimenti destinati agli adulti perché destinati al  bambino.