ottanta

Ieri mio suocero ha compiuto 80 anni e ha voluto festeggiarli organizzando una grande festa alla quale ha invitato tutte le persone importanti della sua vita. Parenti, amici di sempre, collaboratori fedeli.

Eravamo un centinaio di persone. 100 persone sono tante. 100 persone è un matrimonio. Eppure era solo una festa di compleanno, importante. Una festa alla quale tante persone non hanno voluto mancare perché Franco (così si chiama mio suocero) è una persona che anche per le loro vite ha significato tanto.

Franco ha seminato bene e adesso raccoglie. Ha vissuto la sua vita con grande dignità, onestà, determinazione e tanta generosità. Non si è mai dimenticato di nessuno e ieri ne è stata la riprova. Un uomo stimato a cui tante persone voglio bene, un bene sincero.

Franco è quello che quando sono tornata dall’ospedale con Carlo mi ha fatto trovare fuori dalla porta un cartellone con scritto “Benvenuto Carlo. Grazie Adriana”. Conservo gelosamente quel cartellone.

Mio padre non lo avrebbe mai fatto. Non lo ha mai fatto, ma è un’altra storia.

Ieri è stata una festa bellissima, di quelle che non si dimenticano. E’ stato bello vederlo felice, così felice. Orgoglioso dei suoi figli e di sua moglie, dei suoi traguardi. Tanti.

In tanti gli hanno scritto. Lettere toccanti, cariche di stima, ma la più bella e stata quella dei suoi figli. E non è una cosa scontata.

Figli orgogliosi e fieri di aver un padre come lui.

Io ero lì, con loro, festeggiavo, ridevo, chiacchieravo e pensavo. Perché la mente viaggia anche quando non dovrebbe.

Pensavo a qualcuno che mai scriverà una lettera così a suo padre. E questa cosa mi fa incazzare perché le basi c’erano. Avrebbe potuto accadere se solo quella persona lo avesse scelto. Ha fatto una scelta diversa o forse, più probabile, non ha neanche capito che stava buttando via tutto.

Mi sono arrabbiata tanto. Per tanti anni ho cercato di salvare il salvabile. Ho pianto. Ho combattuto battaglie inutili. Ho sempre cercato di trovare il buono in ogni sua cazzata.

Poi nella vita arrivi a un punto in cui dici basta. Non cancelli, non dimentichi, smetti solo di arrabbiarti perché non ne vale più la pena perché se qualcosa deve cambiare ancora non devi essere più tu a volerlo, ma qualcun altro.

In fondo al cuore sai che non potrà mai cambiare niente perché quella persona neanche si è accorta di quello che ha disfatto. E il cuore si spezza un pezzettino di più, soprattutto per bambini che avrebbero avuto bisogno di una guida, di un esempio, di un uomo vero con cui confrontarsi a cui chiedere consiglio. Loro avrebbero meritato di non restare soli. Loro un padre di cui essere orgogliosi lo avrebbero voluto con tutte le loro forze.

Tu no, tu ti senti più forte e pensi che a te la vita ha già regalato tanto e va bene così.

Poi ho pensato a mio figlio, quello grande. Avrei voluto piangere tutte le mie lacrime. Di rabbia e di gioia.

Semuel, un giorno, se vorrà, potrà scrivere una lettere così. La scriverà all’uomo che ha deciso di fargli da padre, l’uomo che ha deciso di esserci, che ha deciso di impegnarsi a crescerlo, che si è assunto tutte le responsabilità di un padre.

Perché non basta mettere al mondo i figli per essere un padre, o una madre.

Per meritarsi tutto quello che ho visto io ieri bisogna agire con “la testa e una mano sul cuore” come dice Franco. Ci vuole sacrifico e impegno vero. Amore.

Ottanta sembrano tantissimi ma non sono mai abbastanza…

Adesso sogno e aspetto i miei ottanta. Chissà se io riceverò mai una lettera così.

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