Per chi come me ha avuto più di un animale domestico, quello che sto per dire apparirà scontato: che abbiamo scelto un gatto, un cane o un pesciolino rosso, sappiamo che, come accade per qualunque amico umano, il rapporto che si instaura è unico, diverso, speciale, perché unico, diverso e speciale è ciascuno dei compagni che ci affiancano per un periodo più o meno lungo della nostra vita.

Prima dei miei due terremoti, un pastore e una meticcia, nella mia vita c’è stato un altro cane. E’ arrivato quando io ero bambina ed è cresciuto assieme a me. I suoi occhi liquidi e dolci mi hanno sempre guardata con amore, hanno vegliato su di me quando mi sentivo sola, triste o arrabbiata. Abbiamo giocato e condiviso pomeriggi di compiti (miei) e dormite (sue). Con lui ho conosciuto l’amore puro, totale, senza filtri, l’amore che non sa, né tantomeno vuole, risparmiarsi.

Quei begli occhi scuri sono stati con me sempre, anche il giorno che, per la vecchiaia e una brutta complicanza, si sono chiusi per assaporare una quiete nuova.

Ho uno splendido ricordo di lui e ho aspettato tanto tempo, a dire il vero addirittura anni, prima di decidermi a prendere di nuovo un cane.

Il mio vecchio amico Oscar

Poi una sera, ad una fiera, ho incontrato la mia meticcia, che ha sconvolto completamente la mia vita e disatteso ogni mia aspettativa. E’ arrivata a dimostrarmi come ogni cane abbia un proprio carattere, una propria indole, un diverso modo di amarti e sentirsi amato. L’ho chiamata Libertà e credo che nessun nome le sia calzato più a pennello. Anarchica, indipendente, tendenzialmente solitaria, sempre un po’ indomita, è completamente l’opposto di chi l’ha preceduta. Accettarlo, per certi versi, è stata dura. Per altri versi, è stato magnifico.

Infine è arrivato il pastore. Forte, fiero, protettivo, ma anche dolce, coccolone e a volte persino un po’ tonto! Diverso, ancora una volta, fatto a modo suo.
Nessuno di loro sarà mai sostituibile da un altro cane, così come è giusto che sia.

Perché vi racconto tutto questo? Perché è esattamente quello che Amy Hest e Amy Bates ci raccontano, per mezzo di parole e immagini, ne “Il mio vecchio amico Oscar”.

Il mio vecchio amico Oscar

La scena si apre sin da subito con un dialogo. E’ un bambino a parlare e il suo interlocutore, privo di parole ma non certo di espressione e vivacità, è un cucciolotto arruffato.

Il bimbo cammina in riva al mare, cercando di convincere il cagnolino a non seguirlo. L’altro però sembra non voler capire, persevera scodinzolando allegro e al contempo un po’ goffo.

Il bambino gli racconta di Oscar, il suo vecchio e fedele amico, il suo unico cane, che ora non c’è più. A legarli, un rapporto bello, esclusivo, speciale. Mentre rifiuta la compagnia del cucciolo, però, il bambino non può fare a meno di notare la sua barbetta morbida, le zampe grandi, sproporzionate rispetto al corpo, gli occhioni neri desiderosi di amore.

Racconta e intanto le sue difese cominciano ad allentarsi e il cuore a riempirsi di tenerezza. Scoppia un temporale e il bambino porta il cagnolino al riparo, in casa. Gli mostra un disegno che ha fatto lui. Quello raffigurato è Oscar, il suo vecchio amico.

Al cucciolo manca un nome, non ha una targhetta, non è di nessuno. Ora però non è il momento di pensarci. Ora chiude gli occhi, si addormenta. Dal comodino, accanto al letto, Oscar veglia su quella nuova amicizia.

Buona lettura,

Maria

[Amy Hest, Fatatrac, 2018. Illustrazioni di Amy Bates. Età di lettura: dai 4 anni]